Abbiamo tutti delle potenzialità inespresse? Le differenze culturali e la creatività dipendono dalla differenza di capacità intellettive oppure dalle potenzialità che in alcuni sono espresse e in altri no? Secondo un vecchio adagio la maggioranza di noi utilizza solo il 5% delle proprie capacità intellettuali. Anche se c’è del vero, tuttavia è inesatto: nessun neuroscienziato può quantificare ciò esattamente. E allora le potenzialità inespresse? La realtà è che noi non conosciamo esattamente le potenzialità né i limiti individuali e collettivi. Alcuni dicono che tizio si è superato, mentre in realtà è vero solo che costoro non pensavano che potesse raggiungere quel livello o quel traguardo. Chomsky in “Conoscenza e libertà” scrive che i nostri limiti non devono demoralizzarci; significa soltanto che sappiamo fare altro, che altre sono le nostre capacità. Insomma se non sappiamo fare una cosa, ne sapremo fare altre, semplificando. Tutti vogliono esprimere al meglio le loro potenzialità ed ecco allora che spuntano come funghi mental coach e guru della mindfulness, dell’empowerment, della crescita personale. Ma costoro migliorano solo la personalità o anche l’intelligenza? E poi l’intelligenza è un tratto della nostra personalità di base come pensava Guido Petter o sono due cose separate? È molto difficile dirlo. Per quanto la psicologia cerchi di catalogare, classificare, suddividere, siamo un tutt’uno e ognuno va preso nella sua globalità, nella sua interezza. Non c’è un metodo universale per realizzare pienamente le proprie potenzialità. Ognuno deve trovare il suo metodo. Le strategie da questo punto di vista sono molto generiche e non è detto che valgano per tutti: non esistono leggi generali ma specifiche in quanto ogni persona è fatta a modo suo. L’unica regola è che la strategia vincente non si cambia: se trovate un esercizio, una pratica o anche solo un rituale che migliora le vostre prestazioni intellettuali, allora metteteli sempre in atto. Per esprimere veramente le potenzialità bisogna avere sia interesse che attitudine per una cosa: questo è il presupposto fondamentale e indispensabile per realizzarsi. L’attitudine cercano di valutarla gli altri, seppur a mio avviso in modo approssimativo allo stato attuale delle conoscenze. Per sapere veramente invece se abbiamo la passione dobbiamo cercare la risposta dentro di noi. Freudianamente la passione è il principio di piacere, mentre la valutazione dell’attitudine è il principio di realtà: ogni persona nel corso della sua vita si trova di fronte a questo dilemma psicologico, a questa dialettica interiore. Per esprimere al meglio le nostre potenzialità bisogna studiare e poi leggere, pensare, riflettere, meditare, discutere con gli altri perché anche la discussione è un momento di crescita. Studiare e leggere aumentano le nostre connessioni cerebrali. Anche camminare, pregare e meditare hanno un effetto psicologico benefico. Alcuni studiosi che si occupavano di creatività ritenevano che appunto le persone creative a differenza degli altri sapessero utilizzare meglio tutti i due emisferi cerebrali, anche l’emisfero cerebrale destro che la maggioranza delle persone usa di meno. C’è del vero in tutto questo? Forse. Ma siamo nel campo delle ipotesi. Ci sono altri studiosi che ritengono che i creativi slatentizzano la loro parte folle, che la maggioranza di noi inibisce. C’è del vero in tutto questo? Forse. Ma siamo nel campo delle ipotesi. Ezra Pound ripeteva continuamente: “Make it new”. Riuscì a creare veramente qualcosa di nuovo e memorabile, ma rimanendo saldamente ancorato alla tradizione. Nell’antologia poetica “La parola innamorata” si trova scritto: “Toglietemi la storia, se no come ricomincio?”. Ma era solo un’astrazione. In realtà non ci si può sbarazzare della storia, della tradizione. Per i neuroscienziati i pensieri creativi sono casuali e possono essere rappresentati statisticamente con la distribuzione di Poisson, che tratta appunto gli eventi rari e casuali. Però ancora una volta, sempre secondo un vecchio adagio, “la fortuna aiuta le menti preparate”. E la preparazione naturalmente in cosa consiste? Nella conoscenza della storia di quella disciplina, della tradizione, anche per chi fa la raccolta dei dati scientifica. E qui si chiude il cerchio per il momento…