Murillo, massimo esponente del barocco religioso, insieme a Velázquez, Francisco de Zurbarán e José de Ribera, fa parte del Siglo de oro. Il periodo del massimo splendore artistico spagnolo compreso tra il XVI e il XVII secolo. Proprio di Murillo è possibile vedere a Roma nella sede di Palazzo Barberini delle Gallerie Nazionali di Arte Antica la Madonna del Latte. Detta anche Madonna zingara, così definita dallo storico tedesco Carl Justi. Per la sua capacità espressiva e la connotazione popolare. Per i suoi lineamenti molto marcati. Incastrati in uno sfondo all’aperto dipinto volutamente in modo indistinto.
Il capolavoro realizzato intorno al 1675 è stato sottoposto ad un meticoloso restauro durato dieci mesi. Uno dei più ammirati della Galleria Corsini, attualmente chiusa per lavori di ristrutturazione. L’opera attira l’attenzione dei numerosi visitatori ottocenteschi che ne scrivono nei loro diari e nelle loro lettere. Uno fra tanti, Gustave Flaubert che nel 1851 dichiara di essere innamorato “della Vergine di Murillo della Galleria Corsini. La sua testa mi perseguita e i suoi occhi continuano a passarmi davanti come due lanterne danzanti“.
Bartolomé Esteban Murillo durante la sua carriera ha affrontato spesso il tema della Madonna col Bambino. La Madonna del Latte emana un fascino particolare. Siamo di fronte ad un’icona vera, reale, viva. Dalla quale non è possibile distogliere lo sguardo. Sembra che Maria e il bambino preso alla sprovvista, interrompano il loro interscambio affettivo per guardarci. Con occhi profondi e seducenti. Che si rivolgono intensamente all’osservatore.
Il punto focale dell’opera sono proprio gli occhi liquidi infiniti di entrambi i protagonisti. Come se volessero comunicare con chi ha interrotto l’allattamento. Al quale allude il seno appena scoperto della Madonna. Nel rispetto di un procedere compositivo che dopo il Concilio di Trento, preferisce rendere meno evidente questa tipologia iconografica.
Il Restauro
Il delicato procedimento di pulitura ha reso l’opera più leggibile. Rendendo fruibili anche importanti particolari. Dai piccoli boccioli dietro la Vergine ai tenui cromatismi delle vesti. L’indagine ha messo in luce inoltre, la tecnica usata da Murillo, e i pigmenti utilizzati. Il manto blu della Madonna è ancora brillante là dove il pittore ha usato il lapislazzulo. Risulta alterato quando ha utilizzato il meno caro smaltino.
Durante il restauro, che è stato diretto da Chiara Merucci e realizzato da Alessandra Percoco per la tela e da Vega Santodonato per la cornice, con la direzione scientifica di Alessandro Cosma, mediante una radiografia totale del manufatto è stato possibile andare oltre lo strato pittorico dell’opera. Ne è venuta fuori l’immagine di un San Francesco inginocchiato in un paesaggio. Un approccio iniziale che non ha però seguito. Anche se Murillo riutilizza parti della tela, come l’albero per le ombre del muro o le pieghe del saio, per la veste di Maria.
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trovo giusto salvaguardare le opere ,TUTTE LE VARIE ESPRESSIONI ARTISTICHE,perchè l’arte e’ la nostra forza,la nostra vita