Tanti, tutti dicono che la motivazione è importante. La parola d’ordine, il mantra di molti psicologi della crescita personale, di molti life e mental coach è la motivazione. Diciamocelo francamente: la motivazione è anche un fiorente business; basti pensare che esistono anche le tazzine di caffè con scritte motivazionali. Alcune persone inoltre credono ciecamente che volere è potere. I religiosi dicono che bisogna trovare la forza dentro di noi e ripetono il detto “aiutati che Dio ti aiuta”. Quando qualcuno sta male o ha un lutto molti gli dicono che deve trovare la motivazione di vivere, che deve farsi coraggio, che deve lottare. La psicologia ha scoperto che la motivazione è frutto anche dell’autostima, dell’autoefficacia e che si rivela importante per il coping, ovvero per reagire in modo positivo a eventi stressanti. La motivazione è considerata dalle scienze umane la chiave di volta per realizzare le proprie potenzialità inespresse. Il mondo esige che si debba essere motivati, perché fondamentalmente in questa società efficientista le persone motivate di solito si rivelano più produttive. E se è vero che un idiota motivato è pur sempre un idiota, è altrettanto vero che ogni persona motivata cerca di dare il meglio di sé. Ci sono così anche persone che cercano la motivazione in ogni dove e in ogni modo, talvolta nelle parole e nei consigli di guru, di santoni, di maghi e di sensitivi. L’importanza della motivazione viene oggi addirittura aumentata da una retorica martellante. La motivazione è diventata un must, un obbligo scolastico, lavorativo, sociale e anche un imperativo categorico. Essere demotivati è diventato un peccato, un vizio, un disturbo, una malattia, un danno sia per il singolo che per la collettività. Certamente ci sono attività per cui la motivazione assume una grande importanza: ad esempio per concentrarsi e studiare bisogna avere una buona motivazione, perché altrimenti non si apprende minimamente. Ma non ci sono regole certe per motivare una persona, né per fare in modo che un individuo trovi la forza per motivarsi. Certe frasi motivazionali, scritte con ottimismo e faciloneria, fanno credere che la ricetta per la motivazione sia lì a portata di mano e che la questione sia di facile soluzione. Invece la motivazione è una faccenda molto complicata. Il grande poeta Zanzotto sosteneva che a volte nella vita bisogna fare come il barone di Müunchhausen, cioè bisogna tirarsi fuori dalle sabbie mobili afferrandosi per i capelli: questa immagine è emblematica di come la motivazione sia importante, spesso inspiegabile e correlata all’istinto di autoconservazione, che è talvolta altrettanto stupefacente nell’essere umano. In psicologia si distingue tra la motivazione estrinseca, cioè quella dovuta a un premio, una gratificazione o una ricompensa, e quella intrinseca, ovvero quella interiore, dipendente esclusivamente da noi stessi. Recentemente nei manuali di psicologia troviamo che la motivazione al lavoro è la sommatoria dei risultati attesi in un impiego moltiplicata per la valenza di questi risultati. Però la valenza varia da individuo a individuo perché dipende dalla percezione soggettiva. Per quanto riguarda i risultati attesi, dipendono anch’essi dalla soggettività e poi bisogna ricordarsi che ad esempio per Popper le aspettative sono in parte inconsce. Intendiamoci bene: nessuno nega che la motivazione sia importante, ma data la vaghezza e la complessità dell’argomento molti ci speculano sopra, ben sapendo che non possono essere ripresi o puniti. Sempre nei libri di psicologia generale troviamo che la motivazione di un essere umano dipenda innanzitutto da pulsioni, riflessi, bisogni, impulsi psicofisici e che coinvolga non solo il livello istintuale-emotivo ma anche quello cognitivo, dato che spesso esiste un piano, un obiettivo, un fine, una meta. Basti pensare che secondo Maslow ci sono i bisogni primari o fisiologici e quelli di autorealizzazione. Potremmo persino affermare che sono insiti nell’essere umano sia il bisogno di trascendenza che quello di autotrascendenza. Più semplicemente per la psicologia contemporanea la motivazione è la ragione (intrinseca o estrinseca, conscia o inconscia) di un comportamento umano, anche se ci sono alcuni che considerano la motivazione la forza che spinge ad agire più che il motivo. Per anni si è pensato che la motivazione dipendesse esclusivamente dal ripristino dell’equilibrio omeostatico. Recentemente ci sono dei dubbi a tal proposito. Per anni si è parlato ben poco della motivazione. La filosofia ha trattato poco la motivazione. In compenso però ha studiato fin dagli albori il tema della speranza. La maggioranza dei filosofi a ogni modo sono pessimisti. Certamente sapere la problematicità e le asperità dell’esistenza dal punto di vista filosofico può essere consolatorio, illuminante e perciò anche motivante. I filosofi da questo punto di vista hanno sempre cercato di imparare e insegnare a vivere. Comunque l’unico grande filosofo che dice veramente sì alla vita è Nietzsche, anche se in alcuni la lettura delle sue opere può causare troppa autoesaltazione. Lo stesso Montaigne non è deprimente e può essere stimolante. Infine per Pascal il riconoscimento della propria miseria ontologica, ovvero della propria precarietà esistenziale e del sentirsi una infinitesima parte del tutto, è riconoscimento della propria grandezza e della propria capacità. Marco Aurelio, considerato un ottimo pensatore stoico, nelle sue Meditazioni scrive che bisogna trovare lo scopo della nostra vita, poi impegnarsi e attuare delle strategie efficaci ogni giorno per raggiungere l’obiettivo. Oggi la motivazione è uno dei grandi temi della psicologia. Il comportamentismo studiò molto questa tematica. In fondo i comportamentisti capirono che c’era uno stretto legame tra la motivazione e il condizionamento operante (rinforzi positivi e negativi o semplificando dare la carota e il bastone), ma per gli studiosi di questa scuola sembrava certo che ogni azione derivasse dallo schema stimolo esterno/risposta dell’individuo. In questi ultimi decenni abbiamo capito che gli stimoli possono anche essere interni. Le scienze umane riguardo alla motivazione sono riuscite a fare un’analisi dettagliata. In psicologia le teorie della motivazione si distinguono in teorie del contenuto (cosa spinge le persone ad agire) e teorie del processo (come le persone si automotivano e vengono motivate). Per la psicologia del lavoro la motivazione, la soddisfazione, la prestazione sono strettamente connesse. Ci sono persone però che non hanno nessuna motivazione a fare, come lo scrivano Bartleby nel racconto di Melville, che a ogni richiesta del superiore risponde “preferirei di no”. Per il filosofo e psicoterapeuta Umberto Galimberti la motivazione non è data dalla causa efficiente ma dalla causa finale, ovvero non scaturisce da una spinta di qualcosa o qualcuno ma da un’attrazione verso qualcosa o qualcuno. Per la neuropsicologia la motivazione è data da due neurotrasmettitori, cioè l’adrenalina e la dopamina. Ci sono quindi dei neuroscienziati che si dicono certi di come aumentare il livello di questi neurotrasmettitori ad esempio con tecniche di respirazione o facendo docce fredde. Nessuno sa a ogni modo come motivare psicologicamente con certezza le persone, anche se sono molti i sedicenti esperti in materia. L’unica cosa certa a tal proposito è che già il fatto di occuparsi di una persona può rivelarsi motivante, come dimostrano gli esperimenti alla Western Electric di Mayo. In certi casi bisogna addirittura trovare l’umiltà, il coraggio, la motivazione di chiedere aiuto agli altri, di farsi aiutare. La motivazione è fondamentale. Se la motivazione a compiere una singola azione è già un fenomeno complesso per la psicologia, ancora più difficile è esaminare più in generale la motivazione a vivere. A questo punto è doveroso fare alcune considerazioni. Premetto che il mestiere di vivere non si impara mai, che anche chi vive una bella vita può avere momenti o periodi di crisi, che però possono anche essere l’opportunità di cambiamento positivo. Premetto che si potrebbe discutere sul tema della non vita o meglio della vita inautentica e non approdare a niente. Premetto che la letteratura del ‘900 ci ha consegnato il male di vivere di Montale, il male oscuro di Giuseppe Berto, l’inettitudine dei protagonisti dei protagonisti dei più grandi romanzi del secolo, la disperazione assoluta di poeti e scrittori suicidi. Nonostante tutto questo, non si può a ogni modo aspettare che gli altri, il mondo ci diano nuovi stimoli, venendoci incontro. Non sempre si possono avere persone vicine stimolanti, un ambiente e un contesto stimolanti. Da questo punto di vista si può solo cercare di evitare o ridurre per quanto possibile gli stimoli esterni negativi. Non bisogna aspettare sempre che il mondo ci dia qualcosa. Si può però sottrarsi a certe negatività del mondo esterno. Se non c’è niente e nessuno che ci motiva, bisogna per quanto possibile evitare le cose e le persone demotivanti. Non si può comunque stare tutto il tempo a guardare fuori dalla finestra, ma si deve scendere nella strada, andare incontro al mondo. E se si vuole fare vita contemplativa e spirituale, bisogna avere comunque una certa apertura al mondo. Ma mai esporsi troppo al mondo perché può essere anch’esso dannoso! La stimolazione sociale eccessiva, l’arricchimento esperienziale eccessivo talvolta possono causare stress da sovrattivazione. Una persona può anche esaurirsi a forza di stare nel mondo. Lo sapeva bene Kavafis che in una sua poesia scriveva: “E se non puoi la vita che desideri/ cerca almeno questo per quanto sta in te:/ non sciuparla nel troppo commercio con la gente/ con troppe parole e in un viavai frenetico./ Non sciuparla portandola in giro/ in balìa del quotidiano gioco balordo/ degli incontri e degli inviti/ fino a farne una stucchevole estranea”. A ogni modo i nuovi stimoli bisogna trovarli prima di tutto in noi stessi. La motivazione è qualcosa di indefinito che nasce da dentro. La motivazione è il motore del cambiamento. Bisogna sempre trovare nuovi stimoli per affrontare la vita. E per fare ciò bisogna fare prima di tutto fare luce in noi stessi, bisogna fare opera di chiarezza esistenziale per approdare a nuove consapevolezze. Bisogna sapere cosa si vuole. Fare chiarezza in noi è difficile perché l’animo umano è spesso magmatico, oscuro, eracliteo, incerto e spesso coviamo dentro di noi molto irrisolto. Bisogna prima cercare e trovare nuovi stimoli dentro di noi per poi cercarli e trovarli all’esterno. Quindi approcciando in modo nuovo gli altri, il mondo ci darà nuovi stimoli. Prima però vengono gli stimoli positivi interni. Come nascono la selezione e l’autogenerazione di stimoli interni è un mistero: dipende dall’esperienza pregressa, dalla personalità di base, persino dal caso. È vero che talvolta comunque è difficile distinguere tra interno ed esterno, perché la nostra vita si basa sull’interazione continua tra io e il mondo. Ma anche se la motivazione non fosse solo intrinseca dipende anche da noi non abbattersi, non autosabotarsi, non autodistruggersi, non civettare con la morte. Alcuni si precludono nuove opportunità di vita, perché pensano che niente cambierà, che il futuro sarà uguale o peggio del passato e poi finiscono per demoralizzarsi. Un proverbio indiano dice: “Sii forte come il cedro che lascia il suo profumo sull’ascia che lo abbatte”. E poi come non ricordare il motto di don Milani “ i care”, ovvero “mi sta a cuore”, l’esatto contrario del motto “me ne frego”? Tutte le ricerche di psicologia dimostrano che le persone che hanno un locus of control interno (cioè coloro che si sentono artefici del loro destino) raggiungono più spesso delle altre gli obiettivi prefissati. Che sia vero o no, per sfruttare le nostre potenzialità e sfruttare al massimo il nostro margine d’azione bisogna partire dall’assunto che alla base di gran parte della nostra vita ci siano la motivazione intrinseca, la stimolazione interiore, perché in altro modo si delega troppo al Fato, si rimane troppo passivi. Tutto questo è un lavoro molto difficile e molto impegnativo da fare su noi stessi perché ci vogliono comunque anche fortuna, circostanze esterne positive e il sostegno altrui. Insomma bisogna avere un progetto di vita e bisogna sempre chiedersi: “con questa persona posso condividere qualcosa d’importante e posso costruire insieme un progetto di vita?”. A ogni modo è meglio vivere considerando che molto parta da noi, ma che non tutto dipenda da noi. Bisogna pensare e vivere come se noi fossimo la molla di molte cose della nostra vita. Bisogna cercare di fare quel che pensiamo sia in nostro potere. Gli stimoli a vivere si possono trovare nelle piccole cose quotidiane, anche in quelle più banali, ripetitive, scontate. Già il fatto di poter avere e/o vivere certe piccole cose è un dono, perché la vita è un dono. Già il fatto di essere vivi, di avere degli affetti, di poter nutrirsi, di essere in buona salute, di poter godere il tepore del sole, di poter contemplare l’alba o il tramonto, di poter ammirare la luna, di poter ammirare certe scene di vita, di poter parlare con un amico, di leggere un buon libro sono dei doni. Come cantava Battiato in “Quand’ero giovane”: “Vivere è un dono che ci ha dato il cielo”. Certe piccole cose quotidiane purtroppo le apprezziamo solo quando le perdiamo! L’essere umano per natura desidera sempre di più, aspira sempre ad altro. Avere aspettative irrealistiche, chiedere l’impossibile, volere tutto subito è totalmente sbagliato. E chi non è più giovane deve ricordarsi che, come scritto, nell’Ecclesiaste, c’è un tempo per ogni cosa. Ennio Flaiano sosteneva che la felicità consiste nel desiderare solo ciò che si ha. La motivazione è comunque la prima affermazione di vita e fonte stessa di vita. Talvolta invece vincono in noi la noia, il torpore, la depressione, la paura di non farcela, la voglia di buttarsi via. Talvolta prendono in noi il sopravvento la frustrazione, la deprivazione relativa, l’invidia dovute al fatto che altri hanno cose che non abbiamo ma che vorremmo avere. Nella vita però dovremmo guardare anche a ciò che abbiamo e che altri non hanno e vorrebbero avere. Fare un buon esame di realtà, fare un bilancio veramente complessivo sono importanti per la motivazione. Inoltre per Baudelaire la noia era il peggiore dei mali dell’uomo moderno. La noia avvelena l’animo, è nemica della motivazione. Insomma anche i grandi poeti ci fanno capire che la motivazione è importante. Però per non annoiarsi bisognerebbe guardare le stesse cose in modo nuovo o fare le stesse cose in modo diverso. Eppure non è così semplice, dato che per vincere la noia bisogna trovare nuovi stimoli e per trovare nuovi stimoli bisogna vincere la noia: come capite siamo di fronte a una tautologia, la ricetta universale non c’è e ognuno deve trovare il segreto per vincere la noia e trovare nuovi stimoli dentro di sé. Di nuovo la motivazione è fondamentale e se è vero che come scriveva Pavese ognuno ha una buona ragione per uccidersi, è altrettanto vero che ognuno ha una buona ragione per vivere, anche quando tutto è doloroso e tutto sembra perduto. Jim Morrison scriveva: “Se non hai una ragione per vivere, non trovarne una per morire”. Per quanto riguarda la motivazione a vivere Freud aveva teorizzato un istinto di vita e un istinto di morte: bisogna sempre fare in modo che il primo abbia la meglio. Ogni vita è degna di essere vissuta: in modo contrario ci si mette sulla stessa strada percorsa dai nazisti, anche se ci sono esistenze molto difficili e fardelli quasi intollerabili. Talvolta comunque un fardello insostenibile per uno diventa sopportabile se si è almeno in due a condividerlo. E se il libero arbitrio fosse solo un’illusione, se niente dipendesse da noi, saremmo innocenti di fronte a Dio o a chi per lui; però se invece poco o molto dipendesse da noi e non avessimo sfruttato degnamente i nostri gradi di libertà, allora saremmo colpevoli non solo di fronte a Dio o chi per lui, ma anche di fronte a noi stessi per non esserci dati l’opportunità di scegliere e vivere dignitosamente.
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