Il Palazzo delle Esposizioni di Roma ospita dal 10 ottobre scorso e fino al prossimo 28 gennaio 2024, la prima retrospettiva in Italia e la mostra più completa fino ad oggi dedicata al grande fotografo britannico Don McCullin.
Il percorso espositivo è composto da 250 fotografie divise in sei sezioni: Esordi, Guerra e Conflitti, Immagini Documentarie del Regno Unito, Immagini Documentarie dell’estero, Paesaggi e Nature Morte, L’Impero romano.
Una tematica molto ampia che spazia dagli esordi londinesi dell’artista fino ai reportage di guerra, alle immagini di paesaggi e alle indagini civili, storiche e sociali. Si tratta di un percorso documentario, a volte intimistico in cui si può essere folgorati dall’estetica della perfezione fotografica, ma questa non è mai il fine ultimo dell’autore.
La ricerca dell’immagine perfetta e dei tagli di luce, sono sempre subordinati al messaggio da veicolare e dal risveglio delle coscienze che McCullin vuole suscitare. La mostra di Roma fa seguito a quella organizzata a Londra alla Tate Britain nel 2020.
Don McCullin
Don McCullin nasce il 9 ottobre 1935 a Finsbury Park, quartiere nord di Londra, Comincia per caso a scattare fotografie ad amici ed eventi che accadono intorno a lui. Un giorno fotografò una delle gang dei ragazzi di zona che aveva preso parte all’uccisione di un poliziotto. McCullin, su consiglio di alcune persone, portò la fotografia alla redazione del quotidiano londinese The Observer che la pubblicò. Così, improvvisamente, l’autore si trovò catapultato nel mondo dei media e cominciò a ricevere molte offerte di lavoro.
Come afferma lo stesso McCullin in un’intervista rilasciate in occasione della mostra romana:” È stata la fotografia a scoprire me. Io non cercavo o volevo diventare un fotografo. Così ho dovuto capire cosa fosse la fotografia, cosa voleva dire. Così ho cominciato a comprare delle riviste e la fotografia mi si è rivelata nel fotogiornalismo, nel reportage. Fin da quando avevo 23 anni, ho cercato di arrivare alla fotografia, di capire cosa significhi per le persone. Negli ultimi 65 anni della mia vita l’ho saputo attraverso le guerre e i conflitti internazionali”.
Esordi
La mostra si apre con la sezione dedicata agli scatti nella sua Londra, il suo quartiere, che ben conosceva e le persone che lo circondavano.
Ecco le parole dell’autore: “Sono cresciuto a Finsbury Park, a Londra, che allora era un quartiere operaio molto povero. Mia madre, mio padre, mio fratello e io dormivamo in una stanza buia nel seminterrato in cui mio padre ha passato la vita a lottare contro l’asma cronica. La mia paura era che morisse. La mia forza è stata contribuire alla sua riscossa…Queste non sono un sacco di stupidaggini sentimentali, ma un dato di fatto. Ecco perché le ragioni della mia presenza oggi come fotografo sono di natura emotiva, cosa che gli altri faticano a capire. Molta gente mi chiede: “Perché fai questa foto?”. È perché so cosa provano le persone che fotografo. Non si tratta di pensare: “Grazie a Dio non è successo a me” ma: “Io c’ero”.
Guerre e conflitti
McCullin è stato testimone e ha documentato con i suoi scatti i più drammatici conflitti mondiali del XX secolo. Dal Vietnam alla guerra civile in Libano e in Irlanda del Nord.
“Ho fotografato i profughi sotto la pioggia monsonica per quattro giorni prima che le mie macchine fotografiche cominciassero a dare segni di cedimento. Le custodie di pelle si disintegrarono e l’acqua entrò dentro, mentre il mio corpo cominciò a vacillare a causa della dieta a base di tè e banane. Sul piano emotivo ero distrutto. Pensavo alle mie foto come a immagini di atrocità. Non erano foto di guerra ma immagini della spaventosa condizione delle vittime della guerra”.
Immagini Documentarie del Regno Unito
McCullin dedicò gran parte della sua vita a fotografare la Gran Bretagna con i suoi cambiamenti economici e sociali. L’autore è stato il testimone delle trasformazioni negative avvenute nell’Inghilterra del Nord a causa della deindustrializzazione. Le città di Liverpool e Bristol vengono ritratte nel duro periodo del loro crollo sociale. Molteplici i ritratti di queste vite ai margini, alle quali l’artista mostra tutta la sua empatia.
McMillan afferma:”In Inghilterra mi scrivono in molti dicendomi “Voglio diventare un fotografo di guerra” e io rispondo, esci e mescolati alla comunità in cui vivi. Anche lì ci sono guerre in corso, non occorre andare all’altro capo del mondo in aeroplano dove ci sono bombe e pallottole. Ci sono guerre sociali degne di altrettanto interesse. Non mi va di incoraggiare le persone a pensare che la fotografia sia necessaria solo in una tragedia come la guerra”.
Immagini Documentarie all’estero
Nei suoi reportage dall’estero McMillan ha sempre saputo catturare la forza e il coraggio dei popoli nei contesti più diversificati. L’India dei grandi pellegrinaggi sul fiume Gange, le tribù dell’Etiopia, la vita nelle regioni remote dell’Egitto e della Giordania.
”Arrivare al bacino dell’Omo da Addis Abeba, è un viaggio di tre giorni su strade accidentate. Quando si arriva a Kibish si è nel cuore della terra dei Surma e vicino al confine con il Sudan. La vicinanza alla guerra nel Sudan meridionale significa che le armi sono a portata di mano. Ci si sente vulnerabili.”
Paesaggi e Nature Morte
McCullin è anche un grande fotografo paesaggista, nella grande tradizione dei più famosi pittori inglesi. Dagli anni Ottanta, come afferma lui stesso, forse anche per trovare rifugio dalle brutalità delle guerre e per esorcizzare le tragedie che aveva colto nei suoi lavori, si è dedicato a fotografare i luoghi in cui si era ritirato a vivere con la moglie, quella campagna inglese che appare serena ma che in realtà è sferzata dalla forza e dalla brutalità degli elementi naturali.
Un destino che lo costringe a ritrarre sempre la lotta, le difficoltà e addirittura in questo caso la fragilità dell’uomo di fronte ad elementi potenti ed incontrollabili.
Come afferma lui stesso nell’intervista: “A volte mentre cammino nella brughiera dello Yorkshire e dello Hertfordshire, il vento passa sferzante tra l’erba e mi sembra di essere sulla strada di An Loc in Vietnam, e di sentire i gemiti dei soldati sul ciglio. Mi pare di udire in lontananza i mortai da 106 mm. Non mi usciranno mai dalla mente”.
L’Impero romano
Agli inizi del nuovo millennio, McCullin si è dedicato ad un nuovo progetto: un’indagine fotografica, architettonica e storica sui resti delle vestigia romane nel Mediterraneo. Dal Marocco all’Algeria, dalla Siria al Libano e naturalmente Roma. Le città di Baalbek e Palmira si ergono come giganteschi scheletri testimoni di un passato glorioso ma crudele e dispotico.
Secondo McMillan ”Quelle colossali strutture di pietra di epoca romana risalenti a duemila anni fa mi riempivano di meraviglia, poi mi sono reso conto di come erano state realizzate. Tramite la crudeltà. Tramite la malvagità e la schiavitù. La loro incredibile realizzazione era frutto della brutalità. Mi ha fatto pensare ai campi in Germania dove le persone lavoravano fino a stramazzare a terra. Nello stesso momento in cui la guardavo questa meraviglia mi veniva sottratta. Mi sembrava quasi di riuscire a sentire le grida delle persone schiacciate sotto quei pietroni enormi. Uno se ne va con sentimenti contrastanti, e sono emozioni che hanno un valore.”
Il fotografo, l’uomo
In questo percorso visivo siamo stati catapultati nella vita, con la sua durezza e le sue contraddizioni, a tutte le latitudini, senza distinzione di razza, genere e cultura. Ho trovato molto interessanti le annotazioni di McCullin che hanno accompagnato la mostra perché mi hanno aiutata a capire l’uomo prima del fotografo. Un personaggio estremamente coerente, che ha sempre cercato di raccontare la verità usando lo strumento-macchina fotografica come un prolungamento del suo pensiero, senza artifici od inganni.
Un artista che con grande disincanto, dopo sessanta anni di carriera e i premi più importanti, ha affermato con rammarico che “Fotografare la guerra è una perdita di tempo se si continua a combattere”.
Parole che assumono un significato ancora più profondo oggi che le guerre sono così vicine, così visibili e così incomprensibili.
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