“La vita è semplice ma complicata dalla paura che le persone hanno della libertà” con questa frase si potrebbe riassumere tutto il pensiero del regista Tinto Brass che viene ripercorso con una mostra al Complesso del Vittoriano fino al 23 marzo 2016, “Tinto Brass: uno sguardo libero”.
Curata da Caterina Varzi con la collaborazione di Andrea De Stefani, realizzata da Comunicare Organizzando, la mostra si avvale del patrocinio di Roma Capitale e della collaborazione di Istituto Luce-Cinecittà, Rai Teche e Acea.
La mostra, che è la prima grande esposizione dedicata al regista, comprende documenti inediti, sceneggiature, bozzetti di scenografie e costumi, manifesti, fotografie e filmati.
“Tinto Brass: uno sguardo libero” vuole raccontare il lungo percorso del regista attraverso aspetti meno noti al grande pubblico, come il suo impegno nel teatro, nel montaggio, seguito dal regista stesso per ogni suo film, e i suoi rapporti di amicizia e di collaborazione con i grandi protagonisti del cinema italiano e internazionale. Moltissime le foto di scena che lo ritraggono con personaggi come Alberto Sordi, Roberto Rossellini, Joris Ivens, lettere indirizzate al regista da Mario Soldati, Goffredo Parise, Terry Carter, sceneggiature originali, dialoghi e articoli usciti in quegli anni sui giornali e dedicati al suo lavoro, il tutto per dare al grande pubblico l’immagine a tutto tondo di un grande sperimentatore che ha fatto della sua esistenza una estenuante ricerca della libertà in ogni sua forma. In esposizione le immagini realizzate da Gianfranco Salis, fotografo di scena nei film di Brass da Action (1980) a Hotel Courbet (2009), le tavole originali dello storyboard di Guido Crepax per il film Col cuore in gola e due focus dedicati a Caligola e a Salon Kitty.
Tinto Brass, il cui nome è Giovanni, fu soprannominato così dal nonno paterno, il pittore Italico Brass, in onore di Tintoretto di cui la famiglia possedeva alcune opere. Il regista nasce a Milano nel 1933 ma cresce a Venezia, città a cui si sente profondamente legato. La sua natura ribelle, evidente sin dalla giovane età, lo allontana presto da casa anche a causa del suo rapporto conflittuale con la figura paterna. Si avvicina al cinema e alla fotografia molto presto, nel 1957 si trasferisce a Parigi dove lavora per la Cinémathèque française come archivista e proiezionista. La tappa di Parigi si rivela fondamentale per la formazione del regista che, in quegli anni, ha la possibilità di confrontarsi con i maestri della Nouvelle Vague, François Truffaut, Jean-Luc Godard, Jacques Rivette, Claude Chabrol e Éric Rohmer. Durante il suo soggiorno a Parigi, Brass stringe una forte amicizia, sfociata poi in una collaborazione, con il grande documentarista Joris Ivens, che lo avvicina al montaggio e all’arte del cinema. Allo stesso periodo risale anche la sua amicizia con Roberto Rossellini, con cui collabora al montaggio di L’India vista da Rossellini e al film Il Generale Della Rovere. Il suo esordio nelle sale cinematografiche come regista è del 1963 con Chi lavora è perduto, una critica al lavoro inteso come alienazione che, presentato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, gli causa i primi forti problemi con la censura che lo accompagneranno per tutta la sua carriera.
A partire dagli anni sessanta inizia a lavorare per Dino De Laurentiis, firmando due episodi de La mia signora con Alberto Sordi e Silvana Mangano. Negli stessi anni realizza due cortometraggi commissionati da Umberto Eco, sempre dedicati al tema del lavoro, Tempo Libero e Tempo lavorativo. Alla fine degli anni sessanta Brass si trasferisce a Londra, dove gira alcuni film che gli fanno guadagnare la fama di regista maledetto, sempre ostacolato dalla censura.
In tutto questo primo periodo Brass si è avvicinato ai generi più diversi, dalla commedia, al western, al giallo, al noir, per sperimentare a suo modo il linguaggio cinematografico “Cosa dice un film mi interessa poco, anzi niente. Sono affascinato dal come. Il significato si desume dal significante. Ma in Italia la lezione dello strutturalismo e di Roland Barthes sembrano non aver lasciato traccia. Come diceva Pasolini, non si è capaci di distinguere le barzellette del marito cornuto da una novella di Boccaccio”.
Continua a lavorare con alcuni dei grandi protagonisti del cinema italiano e internazionale: Gigi Proietti, Franco Nero, Vanessa Redgrave, Peter O’Toole, Helen Mirren, Helmut Berger. Nel 1971 con La Vacanza, interpretata da Franco Nero e Vanessa Redgrave, vince il premio della giuria come miglior film italiano alla trentaduesima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
E’ a partire dagli anni Ottanta che inizia una nuova fase del regista legata al cinema erotico, all’insegna della libertà e della trasgressione. A questo periodo risalgono alcuni dei suoi film più popolari La Chiave, Capriccio, Paprika, Monella. Il passaggio dal cinema sperimentale a quello erotico è una scelta, dettata dalla delusione della sconfitta della rivoluzione. Come spiega la curatrice della mostra, Caterina Varzi, “Tradito dagli echi del sessantotto, Brass parte nella direzione di un cambiamento che predilige il linguaggio erotico, in quanto modo di esprimersi comprensibile a tutti.(…) Non c’è una frattura fra un primo periodo serio, impegnato e militante e un secondo periodo, frivolo, leggero e superficiale: nei suoi film la forma primeggia sul contenuto”.
Nel 2002 la Cinémathèque française rende omaggio al regista con una rassegna di dieci dei suoi film dal titolo “Eloge de la chair” (Elogio della carne).
Nel 2009 la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, gli rende omaggio con una rassegna che mette a confronto le sue opere, da quelle giovanili e più underground, fino agli ultimi lavori.
In occasione della mostra è possibile vedere alcuni estratti di Istintobrass, documentario realizzato nel 2013 dal regista Massimiliano Zanin e presentato in selezione ufficiale alla 70° Mostra del Cinema di Venezia. Il film racconta la figura e la carriera di Tinto Brass attraverso un’inedita intervista al Maestro, le parole dei premi Oscar Helen Mirren e Ken Adam e di personaggi del cinema e della critica italiani quali Gigi Proietti, Franco Nero, Adriana Asti, Marco Müller, Marco Giusti, Gianni Canova.