“Non lavoro per allenare la squadra più forte del mondo, lavoro per batterla”. In questa frase è racchiuso tutto Jurgen Norbert Klopp. Un allenatore, e soprattutto una persona, mai banale, anti-convenzionale, fuori dagli schemi. Se si pensa di lui come il classico tedesco stereotipato, freddo e serio, si sbaglia. Jurgen è l’opposto: sorridente, con la battuta sempre pronta e con un amore incondizionato per il calcio, condito da un sottofondo heavy-metal, la sua musica preferita. Non proprio un suono tranquillo.
La carriera da giocatore inizia e finisce nel Mainz, dal 1990 al 2001, 325 presenze, prima da attaccante poi da difensore, 52 goal. Una discreta carriera, ma il meglio deve ancora venire, e Jurgen lo sa. Si laurea alla Goethe Universitat di Francoforte. Il tema della tesi fu la corsa. “Le mie squadre devono correre un kilometro in più degli avversari”. Inizia la carriera da allenatore da dove ha finito, dal Mainz, che allena dal 2001 al 2008. Qui Klopp inizia a far conoscere la sua idea di calcio: reparti stretti, pressing asfissiante, verticalizzazioni veloci. Prende la squadra in Zweite Liga (la nostra serie B) e la porta in Bundesliga prima e in Coppa Uefa poi. Ma i successi di Klopp non nascono solo sul campo. Stagione 2002/2003, squadra appena salita in Bundesliga. Si deve decidere dove portare i giocatori in ritiro e Klopp, ovviamente, stupisce tutti: porta la squadra in una baita svedese a dormire in tenda e senza elettricità. Il cibo? Qui vicino c’è un laghetto, lo pescheremo lì. “Portammo la squadra su un lago in Svezia, dove non c’era energia elettrica, dormimmo in tenda e senza cibo. Dovevamo pescarcelo. Gli altri preparatori mi dicevano che dovevamo giocare a calcio. No. Volevo che la squadra sentisse di poter sopravvivere a qualsiasi cosa. Il mio vice pensava che fossi un idiota. È stato fantastico: eravamo come Braveheart. Arrivammo in Bundesliga e tutti trovavano incredibile quanto fossimo forti”. Aveva insegnato ai giocatori come stare in campo, come vincere, adesso gli insegnava a sopravvivere. Nel 2008 saluta squadra e tifosi, il suo ciclo al Mainz è finito.
Per Jurgen arriva l’occasione della vita, quella che lo consacrerà come uno dei migliori allenatori al mondo: il Borussia Dortmund. I gialloneri non stanno decisamente attraversando il miglior periodo della loro storia, non vincono il campionato da 9 anni e hanno chiuso la stagione al 13° posto. Qui Klopp compie il suo capolavoro, forgia una squadra giovane, spregiudicata, imprevedibile, divertente. Proprio come lui. Preparazione scientifica della partita: 4-2-3-1, intensità fisica, aggressività, copertura degli spazi, pressing alto per recuperare in fretta il pallone e lanciarsi immediatamente in porta con verticalizzazioni fulminee. Con tre-quattro tocchi il Borussia va in porta. “Con la tattica puoi battere chiunque” dice. Non a caso i maestri da cui prende ispirazione sono Rinus Michels e Arrigo Sacchi, due che hanno cambiato per sempre il modo di proporre calcio. Nella stagione 2010-2011 arriva la prima vittoria importante della sua era, la Bundesliga, stabilendo anche un record: fu la squadra con l’età media più bassa di sempre (23 anni) a vincerla. Si perché la sua politica e quella della società è chiara: puntare sui giovani del proprio vivaio e prendere giocatori interessanti dal campionato polacco. Klopp, oltre che un grande allenatore, si rivela un grande maestro: lancia nel calcio che conta Götze, Reus, Lewandoski, Blaszczykowski, Hummels, Subotic, Gundogan, Sahin, Aubameyang. Non proprio giocatori qualsiasi. Il Borussia è uno spettacolo da vedere, i giocatori si divertono e fanno divertire. Forse la squadra, insieme al Barcellona di Guardiola, che ha giocato il miglior calcio dell’ultimo decennio. Due allenatori però con filosofie di gioco e di vita diametralmente opposte: “Il mio calcio è heavy-metal. C’è chi dirige la squadra come un’orchestra. Fanno possesso palla, passaggi giusti, ma è come una canzone silenziosa. A me piace vedere il pallone di qua, di là, i tuffi dei portieri, pali, traverse, noi che voliamo dall’altra parte”. Nel 2012 vince ancora una volta la Bundesliga, e nel 2013 sfiora il miracolo sportivo: raggiunge la finale di Champions League eliminando il Real Madrid in semifinale (famosa la partita di andata finita 4-1 per i gialloneri, con Lewandoski autore di 4 goal, primo e unico giocatore nella storia a timbrare il cartellino 4 volte in una semifinale). La finale si gioca nello storico stadio di Wembley, e davanti il Borussia si trova il Bayern Monaco. Finale tutta tedesca quindi. La partita è equilibrata e a pochi minuti dal triplice fischio siamo sul 1-1. Qui cambia la stagione. In positivo per il Bayern, in negativo per il Borussia. Arjen Robben, giocatore accusato di non essere decisivo nelle finali, segna il 2-1 e corre a festeggiare con i compagni. La partita è finita. Il Borussia ha perso. Questa grande delusione però non mette minimamente in discussione il grande lavoro che Klopp ha svolto e l’amore che i tifosi hanno per lui. Termina la sua esperienza al Borussia Dortmund nel 2015, con all’attivo 2 campionati, 1 coppa nazionale e 2 supercoppe di Germania. I tifosi gialloneri lo amano e gli saranno sempre grati: famoso lo striscione esposto durante la sua ultima partita da allenatore, che recitava a caratteri cubitali DANKE JURGEN. Anche le più belle storie d’amore, purtroppo, finiscono.
Ma uno come lui non può stare tanto tempo senza panchina. Dalle parti di Liverpool non se la passano bene, la situazione è analoga a quella del Borussia Dortmund del 2008: squadra fuori dalla lotta per il titolo, fuori dalla Champions League, allenatore in confusione e mezza rosa da rifare. Serve un uomo nuovo, e chi, se non Jurgen Klopp? La città dei Beatles lo aspetta, e il 9 ottobre 2015 viene ufficializzato come nuovo allenatore dei Reds. Sicuramente farà divertire ancora, non resta che dirgli grazie, quindi DANKE, JURGEN.