Quando si pensa ai gufi è facile farsi venire alla mente boschi oscuri e foreste buie. La maggior parte delle persone pensa che si tratti di animali difficili da vedere, lontani da noi e dalla nostra vita di città. Eppure non è così. Alcune delle specie appartenenti all’ordine Strigiformes (i rapaci notturni) popolano, e anche in gran numero, le nostre città e i nostri paesi. Vederne uno, in fondo, non è neanche poi così difficile. In alcune zone, certe specie sono anche piuttosto comuni. Si tratta solo di avere un po’ di fortuna e di conoscerli un po’ meglio. Ho scelto tre specie piuttosto emblematiche, fra le più facili da avvistare o da sentire in Italia.
La civetta (Athene noctua) è probabilmente la specie di strigiforme più comune nel nostro paese e in gran parte d’Europa. Si tratta di un uccello dalle dimensioni medio-piccole, che presenta una lunghezza media di circa 20 cm e un’apertura alare di circa 55 cm. Il piumaggio è di un bel bruno scuro/grigio scuro, fittamente macchiettato di bianco. Il capo è rotondo e le iridi degli occhi sono gialle, il che indica le abitudini non prettamente notturne di questo piccolo rapace: non è poi così difficile vedere civette attive di prima mattina o nel tardo pomeriggio, o che magari prendono il sole durante giornate non troppo torride. La si può ritrovare dal livello del mare fino ad alcune centinaia di metri di quota, poichè mal si adatta a condizioni climatiche troppo rigide. Popola in gran numero le campagne, ma sono moltissime le civette che scelgono di dimorare nelle nostre città: basta un campanile, una soffitta, un canale di scolo in disuso. Questo uccello è molto comune anche nei cimiteri, se non altro perchè sono luoghi tranquilli e relativamente sicuri. Anche se la civetta è perfettamente in grado di predare micromammiferi come topolini e toporagni, rivolge la maggior parte delle sue attenzioni a grossi insetti come coleotteri e ortotteri. Le civette sono dotate di una gran quantità di vocalizzazioni, ma di solito le si può sentire di notte mentre emettono un richiamo simile a un miagolìo breve e acuto.
Un altro tipico abitante delle nostre città è l’allocco (Strix aluco), uno strigiforme di media taglia facilmente riconoscibile per la faccia piatta e i grandi occhi scuri, che indicano le abitudini prettamente notturne di questo uccello. Può superare i 40 cm di lunghezza e i 95 cm di apertura alare, e ciò lo rende il rapace notturno più grande fra quelli che frequentano le nostre città. Presenta un piumaggio gonfio, dal meraviglioso colore criptico che lo aiuta a mimetizzarsi durante il giorno, quando l’allocco resta spesso appollaiato sui rami a sonnecchiare. Alcuni esemplari hanno un colore più tendente al bruno-rossiccio, altri hanno un aspetto più grigiastro. Questo uccello, ad ogni modo, è davvero difficile da scorgere quando resta immobile sugli alberi poichè sembra un vero e proprio pezzo di corteccia. L’allocco è un predatore piuttosto specializzato in micromammiferi (topolini, arvicole, toporagni) e solo occasionalmente caccia piccoli uccelli: le sue ali arrotondate lo rendono un perfetto manovratore negli spazi chiusi e ristretti, capace di traiettorie piuttosto complesse. Insomma, stiamo parlando di un efficiente predatore dei boschi, che individua le sue prede grazie a una vista acuta ma soprattutto grazie a un udito finissimo. Il volo è reso silenzioso dal piumaggio particolarmente soffice e dalle penne remiganti munite di barbule speciali, soffici setole che fendono l’aria senza emettere suono. Nonostante sia tipico dei boschi maturi, laddove siano presenti grandi alberi in grado di fornire anfratti e cavità da utilizzare come rifugi, l’allocco è una presenza costante anche nelle nostre città e nei nostri paesi. Basta un giardino, un parco cittadino o un gruppo di alberi non troppo piccoli. Di notte, soprattutto alla fine dell’inverno, è facile sentire i suoi richiami inconfondibili: i maschi emettono lunghi ululati tremolanti a scopo territoriale, e le femmine a volte rispondono con gridi più brevi e acuti.
Ultimo, ma non per importanza, il magico barbagianni (Tyto alba). Con quella faccia bianca, a forma di cuore, sembra uscito direttamente da un racconto fantasy. La lunghezza si attesta mediamente sui 35 cm, mentre l’apertura alare è di circa 90 cm. Queste misure lo rendono un rapace di medie dimensioni, anche se il suo aspetto è molto più sfilato e “sottile” di quello dell’allocco. Impossibile non restare affascinati da questa creature leggiadra, che di notte vola silenziosamente come un fantasma. Il suo aspetto pallido, che fa contrasto con gli occhi neri, lo rende simile a un vero e propria fantasmino: incontrarne uno al chiaro di luna è un’esperienza quasi mistica. Tyto alba è forse la specie di strigiforme più diffusa a livello globale, e presenta svariate sottospecie. Appartiene inoltre a una famiglia diversa da quella a cui appartengono gufi, allocchi e civette (famiglia Tytonidae, e non Strigidae). In Italia si trova letteralmente dappertutto, isole comprese, anche se ultimamente è diventato piuttosto raro al nord-ovest a causa di molteplici motivi come l’uso massiccio dei rodenticidi (topi che hanno ingerito il veleno finiscono a volte per essere predati dai barbagianni, che muoiono a loro volta) e soprattutto gli impatti con le automobili. Resta ancora molto comune e diffuso al centro e al sud. Il barbagianni, come la civetta, si accontenta di poco: basta un campanile, un anfratto in un muro o una soffitta. E’ un assudio frequentatore delle nostre città e dei nostri paesi, soprattutto se sono presenti vecchie chiese o fattorie con stalle e granai. Molto frequente anche nelle campagne, ma non in altura, di notte caccia in spazi aperti ed è estremamente specializzato sui micromammiferi come topolini, arvicole e toporagni. La vista è ottima, ma la sua arma migliore è l’udito: la sua faccia piatta funziona come una parabola, e convoglia i suoni verso le orecchie asimmetriche (una è posta più in alto dell’altra) che riescono a individuare con estrema precisione la fonte del suono: un barbagianni è capace di acchiappare un topo anche nel buio totale! Certo, i suoi richiami rochi e soffocati, talvolta simili a un uomo che russa, non saranno come quelli dell’usignolo. Ma il barbagianni è una creatura meravigliosa da amare, tutelare e proteggere, e che non merita la fama che ha!