Il treno, finalmente, partì.
Piano, con la delicatezza stanca di un essere umano quando si alza dal letto, eppure in modo crescente, rassicurante.
Pietro Costanti si sentì al sicuro, quando il treno si mosse. Tutta la fretta che l’aveva agitato, nel correre e salire all’ultimo secondo, lo abbandonò di colpo.
Era un ragazzo come tanti: disordinato per tutto, ordinato per le proprie cose, che ogni tanto fa qualche gigantesca cazzata ma il giorno dopo ricomincia già, ed è tutto dimenticato.
La velocità del treno aumentava. “Perfetto,” pensò Pietro, “arriverò in un batter d’occhi.”
Ticchettando con le dita sul tavolino, abbastanza piano da non infastidire nessuno, aspettava l’arrivo del controllore. Il giornale, letto e riletto, poggiato sul sedile accanto al suo.
A qualche poltrona da lui, però…
Pietro aveva una caratteristica fondamentale: era un osservatore, da quando era nato. Molte fidanzate lo prendevano a schiaffi perché fissava un’altra per strada, ma non capivano che lui non faceva così con le ragazze, faceva così con tutto.
Qualsiasi cosa era motivo di interesse, per lui. E, ora, sul treno, si ritrovava a fissare…
Beh, sì, fissava una ragazza, ma che colpa ne aveva, se quella era bellissima?
Capelli lisci e marroni, occhi grandi, caldi, e naso all’insù, una delicatezza nel corpo e nelle movenze da spaventare una ballerina. Chissà se era una ballerina? E un’intensità delle espressioni che probabilmente neanche lei si accorgeva di avere. Come un bambino ubriaco che imbraccia un fucile. “Perfetto,” pensò Pietro, “molto salutare innamorarsi di una sconosciuta.”
Si prendeva in giro, ma in realtà gli succedeva spesso. Come a tutti. Quante volte capita, di vedere qualcosa e innamorarsene, così, di colpo? Non per forza di qualcuno, magari di qualcosa. E non voler nemmeno conoscere quel qualcosa, per non rischiare di rovinare l’immagine, l’idea, il concetto da cui si viene rapiti.
Pietro non ragionava così, per lui la vita era troppo breve.
Si alzò e si andò a sedere dalla ragazza, lasciando giacca e giornale al suo posto. Tanto il controllore sembrava proprio non voler arrivare.
Il ragazzo attaccò timidamente bottone con lei, ma in maniera semplice, simpatica. La timidezza… era qualcosa in cui era bravo, ormai. La ragazza gli disse di chiamarsi Giada, e dopo un paio di sorrisi sembrò rilassarsi.
Superato il primo scoglio, la paura che fosse tutto un breve sogno, per Pietro, che fosse stata tutta fatica e coraggio per nulla, rimaneva. Così lui le parlò, stavolta fermamente, del destino, e le chiese dov’era diretta, se poteva avere l’ardire di saperlo.
Giada le rispose che sarebbe scesa a Bologna. Lui la guardò intensamente, per un attimo, sorpreso, affascinato…
“Perfetto,” rispose Pietro, “anche io scendo a Bologna!”
Ora sembrava un po’ affascinata anche lei.
La conversazione, partita lentamente, aumentava inesorabilmente di velocità, come il treno prima di essa.
Giada parlò di sé, del suo lavoro di linguista, della sua famiglia, della sua casa, del suo quartiere e del perché non si fossero mai incontrati prima. Domandandoselo, più che altro.
Pietro rispose tranquillo che prima era prima, e adesso era adesso, e lui aveva avuto altre ragazze, e evidentemente non era ancora destino… che si incontrassero, si corresse all’ultimo, per non sembrare troppo spudorato.
Ma ormai la spudoratezza era di casa, a quanto pareva.
Il treno cominciò a rallentare, avvicinandosi a Bologna, e la conversazione invece si fermò di colpo. Un attimo di imbarazzo, provocato dal decidere il da farsi.
Fu Giada a interrompere quell’attimo. “Scendiamo insieme?” chiese all’altro.
“Perfetto,” rispose Pietro, “vado a prendere la mia roba, vai pure avanti…”
Lei gli sorrise. “Ti aspetto sulla banchina.”
“Perfetto.” ripeté lui, soltanto un poco imbarazzato.
EPILOGO I
Giada si apprestava a scendere dal treno.
Pietro non stava nella pelle. Si affrettò a tornare al suo posto, recuperare le sue cose, e-
Il Controllore sopraggiunse, in quel momento. “Biglietto, prego.”
Non era perfetto proprio per niente. “Io devo scendere, Signor Controllore, e ho fretta, la mia roba è lì e-”
“Biglietto, prego.”
Il treno stava ormai per ripartire. Giada era di sotto, ad aspettarlo, non c’era più tempo.
“Perfetto,” fece Pietro, duro, “sa che le dico? Il mio biglietto è al mio posto, con le mie cose. Se lo controlli pure da solo, visto che ci tiene tanto. E la mia roba se la tenga! Vado a un appuntamento col destino, io.”
Il ragazzo si fiondò quindi dall’altra parte, abbandonando tutto, verso l’uscita della carrozza.
Il Controllore, interdetto, procedette a fare quanto intimatogli. Andò al posto di Pietro, rovistò fra le sue cose, trovò il biglietto.
Il treno fischiò, stava per ripartire.
Il Controllore prese il biglietto tra le mani. Un Roma-Milano.
Le porte della carrozza, ovvero le porte del destino, si chiusero per sempre. Ce l’aveva fatta, Pietro Costanti?
“Milano?” pensò il Controllore, “E allora perché scende a Bologna?”
Si voltò in cerca del ragazzo, ma quello ormai era sparito.
Il Controllore, inquieto, timbrò il biglietto. E poi lo strappò.
Qualche fermata più tardi, un uomo si sedette sul posto che era di Pietro. Ci trovò, appoggiato vicino, un giornale. Lo prese e lo lesse. Era aperto su una pagina diversa dalla prima, e un articolo in particolare attirò la sua attenzione.
Il titolo: “Killer del Destino, due settimane di inattività, è forse finita?”
Il sottotitolo: “Adesca le sue prede sui treni, scende alla loro fermata, le uccide e sparisce.”
Un brivido di inquietudine, su quella poltrona, attraversò la schiena dell’uomo, che accartocciò il giornale senza finire di leggere.
EPILOGO II
Giada, nervosa, attendeva sulla banchina che Pietro spuntasse dalla carrozza e scendesse, che venisse da lei. Quel ragazzo carino incontrato per caso, stavolta davvero, col suo inconfondibile accento bolognese. Lei, come linguista, aveva indovinato la sua provenienza dopo appena tre o quattro parole.
Il treno fischiò, sul punto di ripartire.
Pietro scese dal treno, tutto trafelato e senza le sue cose.
Giada, comunque, gli sorrise.
I due si avviarono verso la stazione di Bologna.
Un uomo, sul treno, qualche stazione dopo quella si sedette al posto di Pietro e lesse il suo giornale, l’articolo sul Killer del Destino, ma lo accartocciò prima di finirlo.
Non lesse, quindi, che le vittime del Killer del Destino erano tutti ragazzi. Si ipotizzava, per questo, che l’assassino seriale fosse una donna.
Quella mattina, alla stazione di Roma, Pietro Costanti correva per non perdere il suo treno.
All’edicolante di turno, affrettatissimo, chiese un biglietto per Bologna. L’edicolante gli rispose che ne aveva solo per Milano, e che costava un po’ di più, altrimenti doveva rivolgersi a qualcun altro.
“Perfetto,” rispose Pietro, “non ho tempo per cercare altrove. Mi dia pure un biglietto Roma-Milano.”
Un brivido di piacere inconsapevole, da qualche parte, corse lungo la schiena di Giada, che sorrise alla sua vita e al suo destino.